“Dottore, mi sa che sono morto…”. La sindrome di Cotard.

Immaginate di non provare più alcuna emozione. Gli oggetti della vostra stanza non vi trasmettono più nulla. I ricordi d’infanzia non rievocano più nessun ricordo. I vostri genitori e fratelli sono come estranei oppure hanno smesso di esistere. L’unica spiegazione possibile a questa assenza di emozioni è il credere di essere morto. Sembra impossibile ma esiste una patologia che provoca una perdita della rilevanza emotiva di ciò che ti circonda fino a farti credere di essere morto.
La malattia si chiama Sindrome di Cotard, una patologia psichiatrica, descritta per la prima volta dal neurologo francese Jules Cotard nel 1880. Il medico portò un esempio del “dèlire del nègation” (delirio di negazione) di una sua paziente: essa negava, oltre all’esistenza di Dio e del Diavolo, di alcune parti del proprio corpo e affermava di non necessitare più di alcun nutrimento.

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La tomba di Edgar Allan Poe. La sindrome di Cotard sembra uscita da uno dei suoi Racconti del terrore…


Surreali sono le descrizioni della malattia da parte dei pazienti. L’assenza di percezioni emotive porta tutti i pazienti ad una conclusione: non provano più nulla , quindi sono morti. Alcuni pensano di non avere più alcuni organi o che alcune persone a loro vicine, figli, coniugi, addirittura animali domestici, non esistano. La cosa che stupisce di più è che chi soffre di questa sindrome considera il ragionamento, che porta alla conclusione di essere morto, completamente logico e razionale. Però se pensi di essere morto perchè sei ancora “presente”? Perchè puoi comunque interagire con gli oggetti o con le persone, pur non provando nulla? La giustificazione che si danno i pazienti è che si è nell’aldilà. Ad esempio, Liz, una donna affetta da questa patologia, ricoverata in ospedale in seguito ad attacchi epilettici dovuti ad un’infezione cerebrale, era terrorizzata dal fatto che il luogo dove si trovasse potesse essere l’inferno e non il paradiso. Chiese infatti più volte ai medici se, essendo morta da due settimane, quel luogo fosse il paradiso.

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A volte l’inedia dovuta alla mancanza di stimoli equivale ad un incubo. In altri si arriva fino alla negazione di se stessi (“non sono mai nato”, “non esisto”). In altri ancora la persona dice di percepire l’odore nauseabondo di cadavere che proviene dal proprio corpo. In questi casi la persona pensa di essere finita all’inferno. Nonostante la tragicità di questi episodi, alcuni pazienti riferiscono di non aver mai pensato al suicidio. In fondo non ha senso pensare al suicidio se sei già morto.
In altri casi, invece, ci sono comportamenti autolesivi. Il malato pensa di non poter morire (essendo già morto) o di essere condannato alla dannazione eterna (in questo caso il suicidio è visto come una liberazione).
La comparsa dei primi sintomi (la consapevolezza di essere morto) è improvvisa. In molti casi la persona rielabora la sua morte riferendola ad un episodio passato (un incidente, uno svenimento, un ricovero…). La malattia si risolve in modo improvviso, esattamente come la comparsa dei sintomi. Ad un certo punto si rinizia a provare emozioni e a credere all’esistenza delle persone vicine. Con il passare del tempo vanno scemando anche gli altri sintomi, fino a scomparire del tutto.
L’eziologia della Sindrome di Cotard è sconosciuta. Si pensa che sia dovuta all’interruzione patologica delle fibre nervose che connettono il centro delle emozioni alle aree sensoriali, a volte in seguito a danni cerebrali, come per l’infezione di Liz. La Sindrome presenta delle somiglianze con un’altra malattia particolare (la Sindrome di Capgras), dove il malato, non provando più emozioni verso le persone familiari ma riconoscendone il volto, pensa che tutte le persone a lui care siano state sostituite da sosia o estranei. Si sospetta che i malati di S. di Cotard vadano incontro allo stesso tipo di interruzione delle fibre nervose che avvengono nella S. di Capgras. A differenziarle è lo stile di attribuzione della mancanza di emozioni. Nella S. di Capgras i pazienti attribuirebbero all’esterno il problema (il paziente “percepisce” che non sono più i suoi familiari e li identifica come estranei o sosia) mentre nella S. di Cotard lo attribuirebbero a se stessi (“non percepisco più nulla per le persone che ho attorno e che conosco, dunque devo essere morto”).

Questa patologia è una delle più rare che si possano incontrare: nella letteratura medica sono presenti solo un centinaio di casi.

[SA]


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